Una nuova legge anti-aborto, ma le donne non ci stanno

 

Nel paese con il più alto tasso di aborti del mondo, laStampaItaliana Russia, una legge che vuole limitare questa pratica sta sollevando polemiche molto accese, sia per i vincoli che impone alle donne che scelgono di interrompere la gravidanza, sia perché in molti vedono dietro la proposta la mano della Chiesa ortodossa più che quella dello Stato, e motivi di ordine politico più che di tutela sanitaria. La legge, proposta dalla Commissione della Duma per le questioni della famiglia, pone in realtà limiti molto blandi all'aborto, niente di particolarmente diverso da quanto accade ovunque nei paesi sviluppati: 12 settimane per abortire senza motivazioni particolari di salute, una settimana di "riflessione" dopo la presentazione della richiesta, e l'obbligo per le donne che sono già oltre la sesta settimana di prendere visione del feto con un'ecografia e ascoltare il suo battito cardiaco. Insomma, una spinta ai sensi di colpa, sgradevole ma per certi aspetti comprensibile tenendo conto dell'uso che dell'aborto è stato fatto e continua ad essere fatto in Russia: come puro e semplice mezzo anticoncezionale, il più diffuso in assoluto, 73 aborti per 100 nascite nel 2009, con una media di oltre tre aborti per donna nell'arco della vita fertile. Va anche tenuto conto che per molti decenni e ancora adesso lo Stato ha letteralmente incoraggiato le neomadri a sbarazzarsi senza troppi pensieri dei figli nati con gravi malformazioni e handicap (alle puerpere viene consigliato di lasciare i neonati in istituti speciali e di fatto scordarsene), per non parlare dell'interruzione di maternità, completamente libera fino ai limiti del puro e semplice infanticidio.

(Il manifesto, 17/11/2011)

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